L'ingresso della grotta |
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::. Monti Gemelli | Escursioni | Grotta S. Angelo a Ripe (Civitella del Tronto - TE) |
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Grotta di S. Angelo a Ripe Senza dubbio è la più importante e rappresentativa della Montagna dei Fiori. Scoperta dallo studioso di Castelli Concezio Rosa alla fine dell'800 e scavata dagli archeologi dell'Università di Pisa negli anni '60, ha restituito dati e materiali molto interessanti che coprono un arco di tempo vastissimo: dal Paleolitico Superiore (10.000 anni a.C.) per tutto il Neolitico (quinto millennio a.C.) e all'età storica. I livelli più antichi hanno restituito strumenti di pietra quali punteruoli, grattatoi e lame e resti faunistici dell'orso delle caverne, dello stambecco e del camoscio. I livelli neolitici documentano la ceramica impressa ad unghiate e a pizzico, quella dipinta a bande rosse di tipo "Catignano" e quella famosissima di Ripoli, con motivi geometrici a lineee e punti di colore bruno. I livelli certamenre più importanti sono quelli del Bronzo Medio che restituiscono una notevole quantità di frammenti di ceramica attribuiti alla famosa produzione "Appenninica". Risalgono all'epoca medievale le
strutture murarie, tra le quali i resti di un forno, relative
all'Eremo di S. Michele Arcangelo, con l'altare duecentesco (1236) e
la scala in pietra che raggiunge il finestrone sulla parete
orientale. I livelli medievali hanno restituito, inoltre, la
sepoltura di una giovane donna sottoposta a craniotomia. La calotta
cranica presentava due fratture da arma contundente, una delle quali
mortale, inferta alla base del cranio. Resta tuttora da chiarire se
l'intervento al cranio fosse di natura chirurgica, nell'estremo
tentativo di salvare la donna, o se invece fosse legato a rituali
magici. L'apertura , rivolta a mezzogiorno, a circa 600 metri s.l.m., dà accesso ad un ampio corridoio lungo diciassette metri che si allarga, verso la metà sinistra, in un'altra cavernetta suddivisa in varie grotticelle che servivano come celle per gli eremiti benedettini. All'estremità, restringendosi, immette alla grotta vera e propria dove una prima sala ovale, di 25X10 metri e alta circa 10 metri, fu adibita a chiesa, dedicata al culto di S. Michele Arcangelo. Vi sono due altari, dei quali uno
con mensa ricavata da una grande lastra di marmo e incisione sul
bordo a caratteri gotici, risalente probabilmente al 1000; vi erano
anche un'acquasantiera la cui base era un agnello in travertino,
altri arredi oggi spariti. Il percorso, all'interno della grotta,
ripropone il momento delle frequentazioni in epoca preistorica e la
trasformazione dello spazio in chiesa e romitorio, sulle tracce
degli antichi progenitori che di questo spazio fecero non un'area
frequentata a scopo abitativo ma un luogo di culto e adibito a riti
funerari dal neolitico antico (ca. 4600-4200 a.C.) fino all'età del
Bronzo (II millennio a.C.). Dopo una interruzione durante i periodi
italico e romano la grotta fu di nuovo adibita a culti con il
Cristianesimo. Il santuario a lui dedicato nella famosa grotta di Monte Sant'Angelo sul Gargano divenne ben presto meta di una moltitudine di pellegrini provenienti da gran parte d'Italia e fuori. Dal Gargano, il culto di San Michele Arcangelo si diffuse anche sulle montagne dell'Appennino centrale grazie ai pastori transumanti a cui si deve l'introduzione di altri culti di origine pugliese quali quello di San Nicola di Bari o della Madonna dell'Incoronata. Con molta probabilità, il culto di San Michele Arcangelo si sovrappose ad altri di origine pagana, in particolare a quello di Ercole un tempo molto diffuso tra le popolazioni italiche e romane dedite alla pastorizia. Infatti San Michele ed Ercole presentano la forte analogia di essere entrambi personaggi guerrieri e combattivi, uno armato di spada, l'altro di clava. Questa caratteristica di certo non poteva passare inosservata in una popolazione di guerrieri come quella dei Longobardi, oppure tra i pastori che da sempre hanno dovuto usare la forza per difendere i propri armenti o per aprirsi la strada dei pascoli. Nell'Appennino Centrale numerose sono le grotte adibite al culto dell'Angelo. In esse si rinvengono sue statue, dipinti; vi furono perfino realizzate chiese sull'esempio di quella di Monte Sant'Angelo. Questo culto risulta frequente in diverse cavità della Majella, sui Monti Carseolani, nei pressi di Liscia nel settore meridionale dell'Abruzzo. Il culto dell'Angelo è stato praticato in maniera ininterrotta, dal Medioevo fino a qualche decennio addietro, anche nella grotta più importante ed imponente lungo la valle del Salinello nel Parco. Anche in questo caso il santo cristiano ha occupato un sito sacro sin dalla preistoria, come testimoniano i reperti archeologici ivi rinvenuti.
(notizie
a cura dell'Ente Parco) |
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