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Itinerario breve e molto panoramico al quale conviene senz'altro
abbinare la salita a Pizzo Cefalone (2533 mt).
Dall'Albergo di Campo
Imperatore (2130 mt), dopo aver superato l'Osservatorio, si segue a
sinistra l'evidente traccia che incide il fianco meridionale di
Monte Portella.
Dopo aver aggirato
alcuni costoni si risale fino al Passo della Portella (2260 mt). Si
continua in cresta verso sinistra (ovest) con alcuni saliscendi e si
traversa su facile cengia (fare attenzione!) fino ad arrivare alla
base dei salti rocciosi. Da qui si continua su ripidi pendii erbosi.
Poco prima di arrivare
a Pizzo Cefalone si prende a sinistra (ometto, segni di vernice)
l'aerea cresta (fare attenzione!) che proseguendo verso Cima
Malecoste, per tracce di sentiero e facili roccette permette di
raggiungere Cima Giovanni Paolo II.
* * *
Dall'omelia del cardinale Josè
Saraiva Martins,
in occasione della cerimonia di intitolazione di una Cima del Gran
Sasso a Giovanni Paolo II.
Chiesa di San Pietro della Jenca
Mercoledì, 18 maggio 2005
...La montagna,
dunque, prima ancora che un'altura fisica, è un simbolo spirituale.
È questo il profilo nel quale vorrei leggere l'intitolazione di
questa vostra bella cima - e del relativo sentiero - a Giovanni
Paolo II. Un noto personaggio ecclesiastico, oggi diventato Vescovo,
che ha avuto la fortuna di accompagnare come guida alpina, per molti
anni, Giovanni Paolo II nelle sue passeggiate ed ascensioni in
montagna (Alberto Careggio, attuale Vescovo di Ventimiglia - San
Remo), ha coniato una bella ed originale definizione di Giovanni
Paolo II, definendolo "il teologo della montagna" (Cfr Sui monti con
Giovanni Paolo II, di G. Galazka, L. Ed. Vaticana, 2002, p. 15).
Come per Elia, che incontrava Dio nella brezza carezzevole e
riposante dell'Oreb, come per Mosè, che pregava sul monte per
rincuorare il suo popolo in lotta per aprirsi un varco verso la
libertà, così per Karol Wojtyla, il rapporto con la montagna è stato
quanto mai singolare. Esso risale agli anni della sua giovinezza,
quando, appena prete, accompagnava gli studenti universitari sui
Tatra, i monti amati della sua patria. Un rapporto mai interrotto,
neppure quando tutto sembrava impedirlo, a iniziare dalla salute.
Sui viaggi di Giovanni Paolo II sappiamo praticamente tutto: "numero
di discorsi 3.288, in Italia e all'estero, chilometri percorsi
1.247.613: in 104 viaggi internazionali e 146 italiani, si tratta di
circa tre anni fuori dal vaticano. Ma se proviamo a chiedere quante
volte il Papa è stato in montagna, quante volte ha lasciato, per
così dire, di nascosto, i Palazzi Apostolici o la Villa Pontificia
di Castel Gandolfo, si riceve come risposta un vago: alcune volte"
(Ibidem). Ed è giusto che sia così. Per esempio, qualcuno ha provato
a contare tutte le volte che sarebbe venuto sulle montagne
abruzzesi, ed il numero è impressionante, l'hanno pubblicato anche i
giornali, nei giorni scorsi, proprio in occasione di questo nostro
odierno appuntamento. Il Papa si è portato questo segreto nel Cielo.
Non manca certo chi potrà dircelo un giorno, avendolo accompagnato
fedelmente per oltre 26 anni di pontificato anche in questi momenti
più intimi e privati.
Quello che a noi interessa è lo sguardo contemplativo di Papa
Wojtyla, che, tra l'altro ha cantato la montagna con accenti di
sublime poesia, cercando in essa la bellezza e la potenza, i
profondi silenzi e le voci arcane.
In un suo discorso c'è un passaggio che mi colpisce: "Guardando le
cime dei monti si ha l'impressione che la terra si proietti verso
l'alto, quasi a voler toccare il cielo: in tale slancio l'uomo
sente, in qualche modo, interpretata la sua ansia di trascendente e
di infinito".
E ancora: " L'uomo contemporaneo che sembra rivolgersi talvolta
unicamente alle cose della terra, in una visione materialistica
della vita, deve di nuovo saper guardare verso l'alto, verso le
vette della grazia e della gloria, per le quali è stato creato e a
cui è chiamato dalla bontà e grandezza di Dio" (Discorso dal
ghiacciaio del Brenva. Monte Bianco, 8 settembre 1986).
Mi pare che in queste parole di Giovanni Paolo II sia racchiuso il
grande messaggio che il Grande Papa polacco ha voluto lasciarci,
anche attraverso il suo sconfinato amore alla montagna, in stretto
rapporto con l'amore per "il Suo Maestro", di cui ci ha parlato
anche nel testamento.
Come la vetta di un monte costringe sempre ad alzare lo sguardo, ad
elevarsi verso l'alto, similmente la vita e l'insegnamento di
Giovanni Paolo II, continuano ad essere per noi come un indice
puntato verso il cielo, un rinviare alla infinità Maestà e
Trascendenza divina di Cristo, rispetto all'orizzonte piatto e
mediocre nel quale troppo spesso siamo immersi.
Quanto ha fatto e detto Giovanni Paolo II con la Sua presenza tra
questi monti, continuerà a farlo anche con questa vetta che da oggi
porterà il suo nome, Cima Giovanni Paolo II, e lo innalzerà ben
oltre l'altitudine dei suoi 2424 metri, in questo splendido
massiccio del Gran Sasso. Lo farà grazie all'amore di questa
magnifica gente abruzzese e al comprensibile orgoglio di aver avuto
e sentito Papa Woityla, come suo. Per questo avevate pensato a
questa giornata proprio in vista del Suo 85 compleanno.
Termino con le stesse parole pronunciate a Campo Imperatore, proprio
sotto il Gran Sasso, da Giovanni Paolo II, sicuro che questa cima
additerà "la via della contemplazione, non solo come strada maestra
per fare esperienza del Mistero, ma anche quale condizione per
umanizzare la nostra vita e i reciproci rapporti".
* * *
Descrizione della croce
"Realizzata in ferro, essa è a forma latina trilobata, ha altezza
complessiva di metri 2,30 e peso di circa 330 chilogrammi.
A memoria del Papa, e dei quattro Santi Protettori della Città, sono
poste sulla croce icone in bassorilievo fuse in bronzo i cui calchi
sono opera degli maestri ceramisti del Laboratorio Ceramiche di San
Bernardino. Esse raffigurano le immagini rappresentative del
Pontefice e dei 4 Protettori della città: al centro, fra i bracci e
l’asse verticale della croce vi è l’immagine del Pontefice Giovanni
Paolo II "Il Grande" con sottostante il suo stemma.
In alto sull’asse della croce l’immagine di San Massimo D’Aveia
Levita e Martire (228? – 251), Patrono di L’Aquila, le sue spoglie
fino al 1703, data terribile per gli aquilani a causa di un evento
sismico che distrusse gran parte della città, erano sepolte nel
Duomo; al giorno d’oggi, benché il Duomo sia stato ricostruito nella
stessa zona di quello distrutto, le spoglie del Santo sono andate
perdute.
Sul braccio destro ed al centro dei lobi, l’immagine di San Equizio
Amiternino Abate (494 – 570), fondatore del monachesimo e precettore
di San Benedetto da Norcia; le sue spoglie sono conservate e
venerate nella Chiesa dei Padri Gesuiti a L’Aquila.
Sul braccio sinistro, l’immagine di San Pietro Celestino V (1215 –
1296), il Papa della Perdonanza, che fu istituita con la bolla del
29 agosto 1294, e che concede l’indulgenza plenaria ogni anno ai
fedeli confessati che entrino nella Basilica di Santa Maria di
Collemaggio, nella quale sono conservati e venerati i resti del
Santo.
In basso, sull’asse principale della croce è raffigurata l’immagine
di San Bernardino da Siena (1380 – 1444), sacerdote predicatore del
secolo XV, che visse gli ultimi anni della sua vita a L’Aquila e le
sue spoglie sono conservate e venerate nella Basilica a lui
intitolata nel centro della città. Assieme alla sua immagine è
riportato il suo vessillo con il monogramma “JHS” Jesus Hominum
Salvator.
Sul basamento della croce, realizzato con pietre calcaree locali
cementate fra loro, è posta una targa in bronzo con la dedica a Papa
Giovanni Paolo II."
Fabrizio Cimino
* * *
Note:
1. Viene riportata quota 2422 mt e non 2424 mt (come
nell'omelia o sulla targa commemorativa posta alla base della croce)
perché è l'unico riferimento che permette di individuare sulla mappa
Cima Giovanni Paolo II. Aspettando la nuova mappa...
2. Da non
confondere questo itinerario con il Sentiero Karol Wojtyla che parte
invece dalla chiesetta di San Pietro e con un dislivello di +/- 1280
mt (EE) raggiunge Cima Giovanni Paolo II.
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